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DALLA PARTE DELLA MEDICINA INTEGRATA

La Repubblica 13 Set 2011

Di Guglielmo Pepe

DALLA PARTE DELLA  MEDICINA INTEGRATA

Leggo solo ora dalla cronaca di Repubblica Firenze, una notizia interessante. Interessante per chi è convinto che il futuro sia nella medicina integrata, cioè quella che offre la possibiltà di curarsi – in base al tipo di disturbo e al consiglio del medico – anche con le terapie non convenzionali. La notizia è questa: è nata un’Associazione dell’ospedale di Pitigliano – dove si viene curati anche con omeopatia, agopuntura e fitoterapia – di cui fanno parte Dario Fo, Oliviero Toscani, Angela Terzani, solo per citare alcuni nomi.

L’Associazione è stata presentata in Consiglio regionale della Toscana dal suo presidente Fabio Roggiolani, insieme al presidente della commissione sanità Marco Remaschi (Pd) e al consigliere Fds-Verdi Mauro Romanelli. «Quella dell’ospedale di Pitigliano, in provincia di Grosseto» ha detto Remaschi, «è un’esperienza che dobbiamo far crescere e valorizzare nella prospettiva di raggiungere l’obiettivo di dare nuove opportunità e risposte adeguate alla domanda di benessere che arriva dai cittadini». Remaschi ha aggiunto che il progetto Pitigliano e la medicina integrata troveranno spazio nel prossimo piano socio-sanitario della Regione Toscana. Tra gli obiettivi anche quello di istituire borse di studio per aiutare la ricerca scientifica e per costruire progetti di integrazione tra ospedale e territorio con le medicine integrate.

Che la medicina integrata abbia bisogno di sostegno non v’è dubbio. Perché viene presa di mira, in modo spesso violentemente aggressivo, da chi afferma che le Mnc (ma l’omeopatia in particolare, non tanto l’agopuntura e la fitoterapia), non servono a nulla. Di questa aggressività ne so qualcosa per aver scritto sull’argomento in due recentissimi post. Tra l’altro ho scoperto di far parte di un “cerchio magico” nel quale si ritrovano tutti quelli che difendono l’omeopatia. Ora a parte che di solito mi curo con i farmaci allopatici (l’ho scritto un’infinità di volte, purtroppo inutilmente) non capisco perché vi sia tanto livore verso milioni di persone che hanno scelto di curarsi in modo diverso e, soprattutto, non capisco perché tanto disprezzo nei confronti di medici che hanno la laurea in medicina e chirurgia (e poi hanno continuato a studiare per poter praticare l’omeopatia).

Ciarlatani, cialtroni, maghi, spiritisti, manipolatori, truffatori, sono solo alcuni dei termini usati nei vari post (e non solo quelli ricevuti dal sottoscritto). Addirittura c’è chi distingue i medici tra “normali e omeopati”: perché questi ultimi sono “anormali”? Però di davvero fastidioso c’è l’atteggiamento arrogante, spocchioso di chi tratta milioni di persone come popolo bue. Con delle approssimazioni, con dei giudizi tranchant, che lasciano pochissimo spazio alla discussione. Un esempio? Chi sostiene l’omeopatia è contro gli Ogm? Ecco una sciocchezza. Almeno per quello che mi riguarda, avendo scritto più commenti sul fatto che non bisogna aver paura degli Ogm, non bisogna demonizzarli, bensì fare ricerca, per rassicurare la collettività.

Ecco, la ricerca. E’ giusto chiederla e farla proprio sull’omeopatia. Perché ad oggi questa pratica medica dà poche certezze, mentre i pazienti hanno invece necessità di avere più risposte chiare. E più opzioni terapeutiche.

Il problema è che non si vogliono vedere i fatti. Nei giorni scorsi ho riportato la notizia sulla commissione Europea che ha approvato un progetto di 2 milioni di euro per usare l’omeopatia negli allevamenti. Apriti cielo. Una pioggia di improperi, alcuni non pubblicati e non pubblicabili, è caduta dall’alto della sicumera degli scientisti-integralisti.

Comunque il mondo, nonostante le chiusure mentali, va avanti. E a proposito della decisione europea c’è da registrare il commento di Giovanni Brajon, direttore dell’Istituto Zooprofilattico Lazio e Toscana, il quale ricorda che il Consiglio d’Europa ha votato nello scorso maggio «una risoluzione che impegna gli Stati membri oltre che ad attivare le misure necessarie di monitoraggio e sorveglianza per un corretto impiego degli antibiotici negli allevamenti a promuovere la ricerca verso la scoperta di nuove molecole ma anche e soprattutto verso l’impiego di strategie alternative che consentano di ridurne la prescrizione negli allevamenti». Non è certo una novità se si pensa che uno dei principi sui quali da anni si basa il disciplinare delle produzioni biologiche…«è proprio quello della prevenzione delle malattie degli animali che si può avvalere dell’impiego di agopuntura, omeopatia e fitoterapia».

La scelta dell’Unione Europea di investire risorse per la ricerca scientifica – prosegue Brajon – in questo settore è dunque scontata, lungimirante e quanto mai coerente per i sistemi di produzione agricolo-zootecnica che vorranno guardare al futuro con l’obiettivo di garantire ai consumatori prodotti salubri e di qualità. «Promuovere dunque una ricerca autonoma, trasparente ed efficace» conclude la nota del direttore dell’Istituto, «è un atto di buon governo per utilizzare con attenzione le poche risorse disponibili. Nel settore veterinario, in Italia, sono attivi numerosi gruppi di ricerca afferenti a Scuole, Società scientifiche ed Associazioni che da anni studiano con risultati interessanti l’impiego delle medicine complementari in veterinaria».

Non credo che gli scientisti-integralisti (ho il massimo rispetto per la scienza, quella con la “s” minuscola, quella che non si accontenta di ribadire i fondamenti del metodo scientifico), prenderanno nota di questa posizione, né, credo, saranno disposti a verificare i “risultati interessanti” ottenuti finora, sottolineati dal direttore Giovanni Brajon. Ce ne faremo una ragione. Ma di sicuro la forza delle proprie idee non si afferma additando al pubblico ludibrio chi si cura – e cura – con le medicine complementari.