Categoria: Domande FrequentiDomande e risposte sull omeopatia

L’Omotossicologia è Omeopatia?

Dal mio punto di vista assolutamente no, ma ci sono diatribe aperte in proposito. L’Omotossicologia nasce in Germania col dott. H.H.Reckeweg negli anni ’50, secondo i sostenitori come punto di incontro tra l’Allopatia e l’Omeopatia.
Presuppone l’esistenza nell’organismo di “tossine” che si accumulerebbero in seguito a varie cause “intossicanti” come medicinali, alimentazione errata, stress ecc.  danneggiandolo se non trovano una via di eliminazione attraverso gli emuntori naturali.

A questo punto nasce la malattia come tentativo di eliminazione di queste tossine (vicariazione progressiva).
La terapia, che si avvale di miscugli di rimedi diluiti e dinamizzati (più frequentemente in basse diluizioni ma non solo), in buona parte derivanti dall’Omeopatia Classica e in parte di nuova produzione, presuppone un percorso a ritroso delle malattie (vicariazione regressiva) in relazione alla eliminazione delle “tossine”.
Il metodo dell’Omotossicologia dunque ha poco da spartire con quello dell’Omeopatia Classica: non c’è la ricerca individualizzata del quadro sintomatologico del paziente in relazione al quadro sintomatologico del rimedio.
L’utilizzo estremamente parziale del Principio di Similitudine, si limita  ad unaapprossimativa similitudine di “tropismo” d’organo: in parole semplici per curare una tonsillite si prendono” farmaci” che sono un miscuglio di diluizioni di rimedi che nella esperienza omeopatica hanno dimostrato  una affinità per le tonsille e le infiammazioni tonsillari, senza tenere in alcuna considerazione tutte le specifiche modalità sintomatologiche che rappresentano la chiave della Terapia Omeopatica.
I fautori naturalmente sostengono l’ipotesi che ci sia un sinergismo d’azione delle miscele di rimedi mentre nella pratica ho sentito ripetere decine di volte che l’Omeopatia Classica è troppo difficile nella sua applicazione e che l’Omotossicologia perlomeno è semplice.
Effettivamente l’Omotossicologia a parte il presupposto teorico della vicariazione non richiede da parte del terapeuta una “rivoluzione epistemologica” come nel caso dell’Omeopatia Classica, perché nella pratica clinica si procede per diagnosi “nosologiche” (come nella medicina ufficiale) e per protocolli terapeutici in relazione alla patologia.